Ci sono persone... semplicemente uniche

Ogni volta che ho nominato me stessa, in realtà, avrei dovuto scrivere di tuta la mia famiglia. Perché in ogni battito del mio cuore, in ogni mio respiro, c’erano, ci sono e ci saranno anche loro. Sempre.

Il numero 210120 era il codice della scheda per la mia Chemioterapia. Tutto è iniziato in un momento in cui, il terribile dolore al ginocchio destro, inziato quando avevo 13 anni (e che mi aveva accompagnata negli ultimi 17 anni), era miracolosamente scomparso. Quegli anni, 40 radiografie, 20 TAC con e senza mezzo di contrasto, 23 Risonanze Magnetiche, 3 Scintigrafie Ossee, 7 Ecografie, 3 Elettromiografie,10 Interventi chirurgici ortopedici, 2 interventi chirurgici sul nervo sciatico, in strutture pubbliche e private di tutta Italia (e non solo), visite da medici, primari e luminari del campo, diagnosi di condride rotulea, osteomielite, neurinoma, lipoma, neuropatia cronica, malattia immaginaria e chi più ne ha più ne metta, avevano come risultato "nessuna diagnosi". Per quanto non scientificamente provato, il mio corpo si era semplicemente preso una pausa prima di ufficializzare che qualcosa non andava realmente. Il 1 Luglio del 2012, nel cuore della notte, il mio respiro diventò sempre più lento e faticoso, tanto da costringermi a recarmi presso l’Ospedale più vicino, dove disposero un ricovero urgente per Broncopolmonite o Pleurite. Dopo una settimana, fu necessario il trasferimento in un Ospedale di Roma perché il versamento pleurico sinistro, non rispondeva alle terapie cortisonica e antibiotica. Fui accettata nella nuova struttura ospedaliera, ma lì, neppure il posizionamento di un Drenaggio Pleurico, favorì il riassorbimento del versamento.

Un‘altra settimana e uno spericolato viaggio in autoambulanza per le vie della Città Eterna, mi portò ad approdare all’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, dove un consulto in Chirurgia Toracica, si trasformò immediatamente in un intervento chirurgico di decorticazione pleuro-polmonare, talcaggio e resezione atipica della parte basale del polmone sinistro.

Al mio risveglio, ero attaccata ad una strana macchina che drenava, attraverso due grandi tubi inseriti nel mio polmone, sangue e siero dallo stesso; per capirci, somigliava vagamente alla batteria di un’automobile. A questo punto, potevo iniziare davvero a preoccuparmi; nonostante non riuscissi a comprendere cosa stesse succedendo. Come in un film dell’orrore, il 4 Settembre 2012, l’esame istologico dell’intervento sentenzia: Metastasi da Sarcoma Sinoviale Monofasico a cellule fusate di alto grado di malignità, che tradotto, voleva dire: "Benvenuta nel mondo del cancro!". Giusto per non smentire la mia fama di Miss Fortuna, ero affetta da una rara forma di cancro, che però spiegava cosa fosse l’incurabile dolore al ginocchio. Succedeva tutto troppo in fretta, anche solo per avere paura. Il 26 Settembre del 2012 avevo appuntamento presso l’Ambulatorio Sarcomi. Nella stanza c’erano la simpatica infermiera Violetta, la sorridente psicologa Dott.ssa Barbara Maggio, il burbero ortopedico Dottor Leonardo Favale e la risoluta Oncologa nonché Personal Hair Stilist Dottoressa Virginia Ferraresi. Poi l’appuntamento per l’impianto del port a cath, dicono sia nulla di che, un taglietto, e inseriscono un dispositivo biotecnologico che permette di avere un accesso venoso centrale.

Un taglietto? Una trentina di minuti? C’è voluta oltre 1 ora e non sto qui a sottolineare il fastidio (per usare un eufemismo). Il 12 ottobre, attacco la prima chemioterapia: mi appendono al collo un elastomero da 500ml collegato al port messo il giorno precedente, che avrei ricaricato con altre 70 fiale di Ifosfamide il venerdì successivo. Questa operazione di attaccare, ricaricare e staccare è stata ripetuta per successivi 6 cicli di Chemioterapia. Al mio secondo ciclo di chemioterapia, dopo tredici ore di travaglio, viene alla luce Irene, la mia nipotina, il mio angelo e come di incanto tutto si trasforma; anche il fastidioso port a cath diventa per magia il bottone da spingere affinchè zia canti una canzoncina per la piccola. Al controllo TAC dopo il VI ciclo, le lesioni polmonari avevano dato una risposta ottima al farmaco, mentre la massa al ginocchio era rimasta pressoché invariata. La dottoressa Ferraresi mi presenta il primario il Professor Roberto Biagini, dell’oncologia ortopedica. Due settimane dopo ero ricoverata nel suo reparto e il dottor Zoccali, uno con i capelli dritti e le scarpe alla moda, mi illustra a grandi linee il motivo del mio ricovero. Con una delicatezza da elefante, mi informa che mi sarei scampata l’amputazione, grazie alla presenza di metastasi sul polmone. Amputazione? Io non ne avevo mai sentito parlare. Un’immediata crisi di panico, viene sedata dall’intervento della dottoressa Ferraresi, che con voce decisa mi dice che non sarei stata amputata. Poco dopo, passano in stanza il Professore e il sostenuto dottor Salducca per informarmi sui rischi dell’operazione: recidere il nervo che regola la mobilità del piede con il conseguente obbligo ad utilizzare un particolare tutore per la deambulazione. Ok! Al massimo sarei stata protagonista della canzone che recita "Quella camminata strana, pure in mezzo a chissà che, l'avrei riconosciuta". Ero la prima del reparto a scendere in sala operatoria. Ad accogliermi la premurosa e affettuosa anestesista Ilaria che di lì a poco mi ha trasformata nella Bella Addormentata nella sala. Le ultime parole che ho sentito prima di chiudere gli occhi sono state quelle del carro armato Biagini che mi prendeva in giro: "sci vuole poco a taaagliare una gaaamba!" Al mio risveglio, la gamba c’era e il piede si muoveva benissimo. Il giorno dopo l’intervento, pioveva, ma improvvisamente, la mia stanza venne illuminata da un sorriso dolce: "sono Monica, il Presidente dell’Associazione Rukije Un Raggio di Sole." Avevo davanti ai miei occhi la donna che vorrei diventare, una persona che ha trasformato un cammino lungo e certamente non facile, in un’esperienza per aiutare il prossimo.

Ad Ottobre 2012, il mio percorso non è ancora giunto al termine: sul mio polmone ci sono ancora delle lesioni, ma la mia gamba funziona benissimo. Al controllo di dicembre, la Ferraresi decide che le lesioni polmonari rimaste, devono essere trattate con radioterapia stereotassica. Dagli esami, si evince che solo una delle due lesioni può essere raggiunta dai radioterapisti, l'altra viene affidata al trattamento chirurgico del dolcissimo dottor Gabriele Alessandrini, capace oltre che professionalmente, di rendere il mio ricovero nella triste e spaventosa Chirurgia Toracica un "piacevole" percorso con amici. Ad Aprile, cinque sedute di stereotassica, colpiscono l'ultima lesione sul polmone destro.

La dottoressa Ferraresi è diventata la mia dolcissima fata, il Professor Biagini, il mio simpaticissimo Prof., l’antipatico dottor Zoccali, è un caro amico, il sostenuto Dottor Salducca è affettuosissimo, il burbero dottor Favale, teneramente sempre disponibile. Insomma, è vero che esistono malattie rare, ma esistono anche persone uniche! Ah, avrete certamente notato che nel raccontare la mia storia, ho sempre parlato di me e della malattia come di un rapporto esclusivo. Ogni volta che ho nominato me stessa, in realtà, avrei dovuto scrivere io, la mia mamma,il mio papà, mia sorella Ilaria, mio cognato Andrea e… Irene! Perché in ogni battito del mio cuore, in ogni mio respiro, c’erano, ci sono e ci saranno anche loro. Non sono un valore aggiunto, ma la mia stessa vita.

 

Ivana