Perchè sorrido? Ho un futuro che mi aspetta

Uscita dallo studio del prof. Biagini iniziai a piangere, disperata perché avevo paura. Il giorno dopo, però, ero di nuovo carica e pronta ad affrontare la mia battaglia

Ciao sono Giada, ho 16 anni e vi racconto la mia storia. Era una mattina di febbraio del 2013, mi sono svegliata con un gran dolore alla caviglia destra, che era anche molto gonfia; allora con i miei genitori sono andata al pronto soccorso di Pomezia. Lì i dottori mi hanno detto che era una distorsione, anche se io avevo ripetuto più volte che non avevo preso nessuna storta o nulla di simile; comunque mi hanno ingessato la caviglia per una settimana e poi messo a riposo per altri quindici giorni. La mia caviglia, però, era sempre gonfia, anzi il gonfiore aumentava sempre di più e quindi ho fatto altri controlli, risonanze, ecografie ma nulla, tutti continuavano a dire che si era formato un ematoma e ci voleva del tempo per guarire. Dopo nove mesi, grazie a mia madre, che ogni volta continuava a ripetere al dottore che non era possibile che una caviglia fosse il doppio dell’altra, mi hanno fatto fare di nuovo altri controlli e da lì è iniziato il caos.

La nuova risonanza, messa a confronto con quella vecchia, evidenziava che la massa (per loro "ematoma") era aumentata più del doppio; quindi chiamarono subito i miei genitori e consigliarono loro di portarmi subito dal Prof. Biagini presso l’ospedale IFO di Roma.

Quel giorno io ero a scuola, improvvisamente sono arrivati i miei genitori per andare in ospedale a fare la visita. A quel punto ho capito che c’era qualcosa di strano e ho iniziato a preoccuparmi, cosa che fino a quel momento non avevo fatto, perché anche io, sul problema della mia caviglia, ero stata sempre molto superficiale.

Arrivati all’IFO, mi visitarono furono il Dottor Favale e la Dottoressa Rossi, i quali non mi prescrissero subito la PET e la Risonanza Magnetica con contrasto. In quel momento fui presa da una grande paura e pensai di avere un tumore, però, questo pensiero durò poco, lo rimossi subito.

Il 9 dicembre feci la PET e nel pomeriggio arrivò una telefonata dall’ospedale comunicandoci che Prof. Biagini mi voleva incontrare, così andammo nel reparto di ortopedia. Ero un po’ preoccupata e ansiosa, ma mai avrei pensato di avere la conferma di un tumore. Di quel giorno la cosa che non dimentico sono le parole del Professor Biagini: " Al 95% è tumore" e poi "Ho la sensazione che in un futuro breve noi ci rincontreremo".

Quei giorni ho avuto l'impressione che il mondo mi stesse crollando addosso e non riuscivo acapire più niente: non ci volevo credere; non sapevo che cosa pensare ne' a cosa sarei andata incontro. Il mio primo pensiero furono i capelli e la paura che non sarei più guarita. Poi arrivò l’esito della biopsia: "Sarcoma DI Ewing extraosseo". Ricordo che la sera prima dell’incontro con l’oncologa, la dottoressa Nuzzo, iniziai a piangere perché non volevo perdere i capelli. Infatti il giorno dopo, appena la incontrai, la prima cosa che le chiesi fu dei capelli e lei mi confermò che mi sarebbero caduti, aggiungendo che prima dell’intervento avrei dovuto fare quattro cicli di chemioterapia e altri anche dopo. Lei, però, mi disse che la caduta dei capelli sarebbe stato il problema minore, anche se per me, in quel momento, era la cosa più preoccupante.

Ero molto ansiosa perché stavo iniziando un percorso nuovo della mia vita e non sapevo a che cosa andassi incontro. Le voci che mi arrivavano erano tutte negative: che sarei stata malissimo e che non sarei riuscita a fare nulla! Invece non è stato così: sono stata solo un po' male alla prima chemio, ma dopo due giorni stavo bene. Tutte le altre tre chemio non mi hanno fatto male, sono stata sempre bene e non mi sono privata mai di niente; ho continuato a fare le stesse cose di sempre, sono riuscita a superare anche il problema dei capelli con serenità, capendo che, come mi avevano detto, era il problema minore.

Devo dire che di grande aiuto mi sono stati, oltre ai dottori, anche gli infermieri del reparto di oncologia, che tuttora mi fanno sentire a mio agio e sono molto affettuosi, ogni volta che ho dei periodi di ricovero. Uno dei momenti più difficili, che ricordo benissimo è stato l’incontro con il Prof. Biagini, tra la seconda e la terza chemio, quando mi parlò dell’intervento, argomento che fino ad all’ora avevo sottovalutato. Il professore mi disse che non avrei camminato più come prima e che nell’intervento lui mi avrebbe dovuto togliere anche parte della tibia e del perone. Tutto mi sembrò assurdo perché il mio era un sarcoma extraosseo, cosa centravano ora tibia e perone? Il Professore mi spiegò che il tumore era attaccato all’osso e quindi bisognava togliere la parte che era a contatto con il tumore. Quando mi disse così non mi volevo più operare perché provavo molta paura, però dopo due minuti mi convinse subito che l’operazione era indispensabile.

Uscita dallo studio del prof. Biagini iniziai a piangere, disperata perché avevo paura. Il giorno dopo, però, ero di nuovo carica e pronta ad affrontare la mia battaglia, anche se da quel momento ho iniziato a temere l’intervento e il mio pensiero era concentrato lì.

Ecco ci siamo. Il 3 maggio 2014 sono stata ricoverata per fare l’operazione, fissata per il 6 maggio 2014. Il giorno prima dell’intervento avevo paura che qualcosa andasse storto, che ci potessero essere delle complicazioni durante l’intervento; fortunatamente è andato tutto bene, l’operazione è durata circa 12 ore e quando mi sono svegliata la prima cosa che ho fatto è stata vedere il mio piede e in quel momento mi sono tranquillizzata.

Sono stata ricoverata 41 giorni perché ho dovuto fare un altro piccolo intervento in quanto una parte della ferita è andata in necrosi e tutt’ora sto combattendo con problemi di cicatrizzazione. Devo dire che la degenza nel reparto ortopedia, anche se è stata lunga, non mi è pesata per niente: sono sempre stata coccolata da infermieri, medici e perfino dal personale delle pulizie.

Ora ho iniziato di nuovo le chemio e devo fare altri 9 cicli e il primo lo sto facendo proprio adesso, mentre scrivo la mia storia. Ancora ho 8 chemio che mi aspettano, la riabilitazione per portare il mio piede a 90 gradi e per poter ricominciare a camminare, però, in tutto questo mio percorso, una cosa che non ho mai smesso e non smetterò mai di fare è di sorridere, perché ho un futuro che mi aspetta. Questa è un’esperienza che mi ha reso più grande e sicura di me, grazie anche alla forza che mi hanno dato i miei genitori, che sono stati sempre presenti: noi abbiamo affrontato tutto insieme fin dal primo giorno.

A voi, che state leggendo, voglio dire che non bisogna abbattersi ma si deve reagire e affrontare tutto a testa alta e soprattutto con il Sorriso!

Giada