È iniziata una salita che, a me, sembrava infinita. Ma la rabbia che avevo dentro è statala mia forza che mi ha fatto capire che la vita è una cosa meravigliosa
Provare a raccontare la mia storia mi rimane sempre difficile. Ho provato a prendere il meglio e il peggio da quel pezzo di vita.Era il lontano 1994, avevo 14 anni, e frequentavo il primo superiore, mi sentivo una piccola donna, scuola e amici nuovi, i primi scambi di vestiti con le amiche , la prima sigaretta di nascosto e quel rossetto rosa che voleva dire ora sono grande. Vivevo in un mondo colorato, ero felice, amavo vivere, sognavo di fare la ballerina e di innamorarmi per la prima volta.Poi d'improvviso, la luce intorno a me si spense e iniziò un percorso di vita completamentediverso da quello che avevo sognato.Sentivo che il mio fisico non stava bene, lo sentivo dentro di me, un magone forte che non mi faceva dormire, mi chiudevo in cucina, accendevo la radio e ballavo da sola nel buio. Fino a quando una mattina non mi alzai più, dissi a mia madre: "ho un dolore fortissino al bacino, pochi giorni fa sono caduta, forse devo visitarmi".
Andammo con la mia famiglia dal miglior ortopedico del paese, ma non vide nulla, la lastra non dava nessun esito: "prenda un pò di aulin e starà meglio".Passarono i giorni la situazione peggiorò e cosi incominciò un nuovo e inaspettato percorso di vita. Scrivevo molto in quel periodo , chiusi il mio diario pieno zeppo di foto di big e di dediche e ne incominciai uno nuovo. Volevo scrivere quello che mi accadeva tutti i giorni, sperando che un giorno mi sarei svegliata da quel lungo sonno dicendo: "ah che bello era solo un incubo". Ma il tempo passava, il dolore aumentava e le tante visite più o meno dolorose mi fecero capire sempre di più che non stavo dormendo, ma vivendo una vita che non pensavo che esistesse e mi chiedevo: "perchè a me? Dio perchè a me? sono sempre venuta in chiesa la domenica mattina perche mi fai questo?" La risposta non arrivò mai ed oggi, dopo 20 anni, mi dò delle risposte in base al mio stato d'animo.
Per 3 mesi circa fui ricoverata all’ospedale Gemelli di Roma, feci amicizia con la signora anziana con la quale condividevo la camera. E mi chiedevo: "Ma che ci faccio qui? Le mie amiche stanno li fuori ad innamorarsi, a progettare le vacanze estive e a me tocca giocare a briscola con questa signora." Incominciavo giorno dopo giorno a sentirmi diversa, a sentirmi malata e mi chiedevo se avrei mai rivisto quel mondo che conoscevo, il mio mondo, quello che avevo lasciato li, e speravo che si fermasse perchè non volevo perdermi nulla. Un giorno venne da me una ragazza a farmi una visita, stava sulla sedia a rotelle, il medico mi disse: "Avete lo stesso male". Che fico pensai, non sono la sola, quindi siamo due 14enni colpite dal tumore alle cellule giganti del sacro. La sua visita mi innervosì molto, perchè capì: che il percorso era molto lungo, quindi mi toccherà anche la sedia a rotelle. Incominciai a piangere e a gridare: "quando finirà questo calvario?? quando mi lascerete libera?' quando ritornerò a casa???" credo che mi calmarono con delle gocce, quando aprii gli occhi, mi resi conto che ero ancora li e che dovevo iniziare a lottare: era arrivato il momento di reagire.
La mia famiglia è stato un elemento fondamentale in questo pezzo di vita, ci sono stati sempre, ogni giorno e ogni notte, e insieme siamo partiti per Bologna, l'ultima possibilità, l'ultima speranza. Mi madre mi ha insegnato molto, vedevo in lei la voglia di non arrendersi, di trovare la soluzione,di vincere, anche se i medici non promisero niente. Lei mi ha fatto vivere in ospedale come una principessa, mi portava dalla parrucchiera , ogni mattina mi faceva trovare capuccino e cornetto e aveva la possibiltà di cucinare nel cucinino i miei piatti preferiti. L'amore della famiglia, degli amici, in questi momenti sono degli ottimi rimedi,ti riempiono l'anima, anche se è ferita. Non sono solo le medicine a far del bene, ma è l'amore, perchè lottare insieme, ci fa sentire piu forti, non da soli, ci dà la carica giusta per affrontare le piccole battaglie giornaliere.
Noi malati soffriamo psicolgicamente e fisicamente, chi ci ama soffre un pò meno di noi, ma soffre insieme a noi. Credo per qualsiasi genitore, marito, figlio, moglie o fratello, vedere il proprio caro disteso su quel letto tra le le lenzuola bianche e con una flebo attaccata al braccio faccia molto piu male di una medicazione. Il dolor dell'anima è difficile da curare, bisogna attendere solo la fine della battaglia, quando il traguardo viene tagliato e il medico ti dice" puoi ritornare alla tua vita". Il mio intervento durò 14 ore.
Per 14 ore i miei genitori sono stati li fuori; se quella doveva essere una punizione divina, penso che abbiamo saldato tutti i loro debiti, perchè oggi, da adulta, non riesco a trovare le parole per descrivere il loro stato d'animo. Durante l'intervento ebbi molte complicazioni e non so se per qualche secondo sono passata a miglior vita. Mi hanno raccontato che il medico uscì dalla sala operatoria dicendo ai miei che non c'erano piu speranze. Poi, forse un miracolo o forse per la grande professionalità di quella equipe di medici, incomiciai a reagire a dare buoni segnali. L'operazione si concluse nel migliore dei modi. Certo mi sono fatta 15 giorni di terapia intensiva (tra l'altro anche il mio 15 compleanno).
Non sto qui a raccontare tutto quello che mi ricordo perchè mi angoscio solo al pensiero, però sto qui a dirvi che da lì sono uscita, sono ritornata nel mio reparto e, pensate un pò, ero felicissima, perchè vedevo il sole, il cielo, la luce dalla finestra e rivedevo le mie compagne di stanza. Mi accorsi che una mancava all'appello, eh già, lei non ce la fece. Mi mancava molto, mi mancavano le nostre chiacchierate notturne, il suo accento siciliano e le sua mamma che ci riempiva di dolci. Quel letto vuoto mi mise molta paura. Credo che in quel momento mi senti una sopravissuta, avevo vinto, sì sì avevo vinto, ma non la battaglia, la vera guerra. Cavolo avevo vinto, io cosi piccolina e magrolina ho resistito a tutto, al dolore fisico, all'anestesia, all’intervento, al dolore delle medicazioni, avevo vinto, mi sentivo pronta a ritornare nel mio mondo.
Iniziai a fare tanta fisioterapia, a volte non volevo, a volte mi sentivo invincibile, a volte piangevo, insomma ero una ragazzina con tante emozioni belle e brutte che avevano voglia di uscir fuori . Riuscivo a piangere e ridere contemporaneamente. Sono passati 20 anni e quella è l'esperienza più incredibile della mia vita, sono stata messa subito alla prova. Sono cresciuta presto, quando ritornai a casa, dopo circa un anno, non ritrovai il mio mondo, le mie amiche avevano cambiato comitiva, la loro vita era andata avanti, la vita di tutti era andata avanti... e la mia??? La mia era diversa, io dovevo lottare per riprendermi quello che era mio, dovevo lottare per alzarmi dal letto,lottare per andare in bagno e soprattutto dovevo trovare il coraggio di guardarmi allo specchio e fare amicizia con il mio nuovo fisico. Le mie cicatrice, il mio corpo trasformato, mi fecero e mi fanno molto male, non ho mai accettato di non poter fare la ballerina, non ho mai accettato quei segni, anche se rappresentano la vittoria. Si dice: ciò che la vita ti toglie la vita te lo restituisce, questa esperienza mi ha dato molto a livello umano, mi ha reso una persona sensibile e in grado di apprezzare una giornata di sole e godermi il panorama,e di vivere giorno per giorno. Ci sono stati momenti brutti, di sconfitta e sconforto, mi ricordo che ripetevo sempre " non passa più, starò per sempre dentro l'ospedale" e mia madre mi cantava "passerà " di Aleandro Baldi. È proprio vero, passerà anche se farai solo la la la, abbiate fiducia nella vita, vivete nella speranza che il male si può sconfiggere, che potete riprendere a vivere anche senza una gamba,senza un braccio o con metà osso sacro. Ritornerete a vivere una nuova vita, siate consapevoli che nel bene e nel male la vostra vita è diversa, ma vale sempre la pena di esserci e continuare a sognare. E vi capiterà di incontrare persone che vi amano per quello che siete, con i vostri segni sul corpo e nell'anima, che non vedranno nessun difetto in voi, ma solo un cuore grande e una storia a lieto fine da raccontare, sono persone speciali, esistono veramente non soltanto nelle favole.
Questa storia rappresenta la mia vittoria piu grande, ho sconfitto quel male, grazie a quel medico che gira nei reparti senza camice bianco, che ci ha creduto piu di me. E che alla fine della battaglia mi disse " ora non ti voglio piu vedere", io invece ti vedrò sempre, in ogni mio domani, perchè se oggi c'è un ragazzo che mi ama, se oggi ho degli amici straordinari e una famiglia presente lo devo sopratutto a lui, perchè mi ha dato una seconda possibilità che non sarà mai come la prima, ma è pur sempre un'altra occasione per vivere.
Cristina
Mi sono sentita per la prima volta vincitrice di un gioco al quale non avevo scelto di partecipare. E vi assicuro questa vittoria è la mia più grande soddisfazione.