Mi chiamo Anna Chiara e ho 12 anni, e se devo dirla tutta sono un po’ risentita di essermi ammalata di cancro... A questa età, poi.
Caro lettore,
vorrei iniziare a raccontarti la mia esperienza premettendo che la sto ancora vivendo, nel bene e nel male. Mi chiamo Anna Chiara e ho 12 anni, e se devo dirla tutta sono un po’ risentita di essermi ammalata, di cancro a questa età, poi. Ma del resto non ci si può fare niente, no? Come per molti di noi tutto è iniziato con dei lievi ma insistenti dolori alla gamba destra, nella zona del ginocchio.
Lì per lì non ci preoccupammo, ma dopo un mese, mia madre decise di portarmi a fare una visita da un’osteopata. Lei subito capì che c’era qualcosa di extra osseo, e allora dopo vari controlli senza risposte precise ci siamo trovati a vagare per i corridoi del Regina Elena, alla ricerca dell’ortopedico, il dottor Favale. Osservando la mia lastra, subito constatò che c’era qualcosa che non andava, qualcosa di strano, e ci chiese di tornare due giorni dopo, per fare una biopsia ossea.
Era il primo giorno delle vacanze di Natale. Il 24 dicembre la biopsia venne eseguita dal dottor Favale e dal dottor Salducca. Quando la mia oncologa, la dottoressa Ferraresi, mi comunicò che avevo un "Osteosarcoma di alto grado al femore distale destro" e che necessitavo di sei cicli di chemio pre-operatori, un intervento e altri cicli post-operatori, non realizzai subito. Era come vivere in una realtà parallela; potevano cominciare a cadere caramelle dal cielo e l’avrei reputato normale. Capii quando il prof disse che dovevo mettere un gesso per la sicurezza dell’osso. Mi immobilizzarono in un pesante gesso, da sotto il piede fin sul petto. Dover dipendere completamente dagli altri, per qualsiasi banalissima sciocchezza, è davvero brutto.
Cominciai a fare le chemio nel mese di gennaio. Ero davvero giù. Il mio morale era sottoterra, continuavo a chiedermi perché una simile sfortuna fosse capitata a me. Ogni volta che andavo in ospedale per i lunghi ricoveri, ero costretta a chiamare l’ambulanza, e non vi sto neanche a dire quanto fosse orribile essere portata giù dalle scale di casa in barella e poi caricata sul lettino dell’ambulanza, con tutti gli scossoni e il traffico. Ma ora basta cose negative, perché ci sono anche aspetti positivi in questa "avventura": ho conosciuto bellissime persone come Samantha, Sara, Claudia. Giada e Selina, gli infermieri Pietro, Imma e Alessandra, e poi tutti gli infermieri e il personale.
Ho rafforzato moltissimo il rapporto con i miei genitori e con mia sorella Gaia. Adesso ogni volta che capita di essere ricoverata insieme a Giada, ci facciamo portare la pizza in ospedale, come la prima volta che siamo state insieme, e facciamo una mezza specie di festa. Una volta, prima del mio intervento, ci hanno anche rimproverate per il troppo baccano.
La sera prima dell’intervento ero molto preoccupata e Giada, con la madre Selina mi hanno molto tirata su di morale. L’operazione è andata bene, la rimozione dell’osso è stata semplice e pulita, la chemio è riuscita ad accerchiare la massa, che non ha infettato i muscoli, i legamenti o le altre ossa. Così hanno estirpato il cancro dal mio corpo, per sempre. Come ha detto il dottor Salducca, che mi ha operato, si opera non solo con le mani, ma anche con il cuore. Adesso ho ricominciato le chemio, e sto risorgendo dalle ceneri come la fenici: ho ricominciato a camminare e procedo nel piegamento del ginocchio. Dopo tutto questo ho capito, che anche a dodici anni, la vita è delicata e difficile, ma meravigliosa. Che bisogna apprezzare le piccole cose che ci offre con gioia e che, soprattutto, è fatta di tanti piccoli traguardi, che portano ad uno più grande. Ma la felicità non la si trova nel traguardo, quanto piuttosto nel percorso e io la sto ancora cercando.