Sono diventata più coraggiosa

Se adesso sono qui a raccontare la mia storia, significa che io ho vinto e lui ha perso

Ciao, io sono Chiara, ho 17 anni e abito in Molise. La mia avventura è iniziata un pomeriggio d'estate nel 2012, quando avvertii un fastidio alla gamba destra. Pensai subito a uno strappo, poiché qualche giorno prima, avendo partecipato a un saggio di danza, mi ero sottoposta a un allenamento molto intenso. Così mi limitai ad applicare una semplice pomata per alleviare il disturbo. Circa un mese dopo, tuttavia, una mattina mi svegliai con il ginocchio gonfio e ciò che prima sembrava essere un piccolo fastidio diventò dolore. I miei genitori decisero di farmi fare una radiografia, da cui risultò una strana "macchia" nel femore, tanto che il radiologo consigliò di effettuare una visita più approfondita da uno specialista ortopedico. Ricordo che mio padre mi disse: "Il dottore ci ha consigliato due ortopedici, uno si trova ad Avellino, l'altro a Roma, decidi tu dove vuoi andare". Io subito risposi: "Vada per Roma, mi ispira di più!" (è proprio vero che a volte l'istinto ne sa più di noi!). Appuntamento il 5 settembre all’Istituto Regina Elena di Roma.

Appena arrivati lessi sull'insegna dell'ospedale la parola "tumori" e iniziai a domandarmi cosa ci facessimo lì. Poco dopo ci ricevette il professor Roberto Biagini, il quale, dopo avermi visitata, mi guardò negli occhi dicendomi: "Chiara, credo proprio che tu stasera debba rimanere qui". Le sue parole mi spiazzarono, lo ricordo come se fosse ieri. Ci spiegò che avrei dovuto fare degli esami più approfonditi e una biopsia. Iniziai a preoccuparmi perché capii che qualcosa non andava.

Una settimana dopo tornai a casa e passati quindici giorni dall’ospedale ci comunicarono che i risultati della biopsia erano pronti e fissarono un nuovo appuntamento. Questa volta insieme al prof. Biagini c’era anche un'oncologo, la dott.ssa Ferraresi. Fu lei a darmi la brutta notizia. Mi disse che avevo una patologia molto comune tra i ragazzi della mia età, un osteosarcoma, che nel mio caso aveva attaccato il femore. Ci spiegò che avrei dovuto fare la chemio e un intervento chirurgico per asportare la massa tumorale. Fin qui ero stata zitta, ma appena mi disse che con la chemio sarebbero caduti i capelli, scoppiai a piangere, correndo via dalla stanza. In quel momento mi sentii crollare il mondo addosso, non riuscivo a credere a ciò che mi era stato detto e non riuscivo a controllare la mia reazione. Per quanto volessi preoccuparmi della malattia, non riuscivo a non pensare ai miei capelli, a come sarei diventata.

Tornammo a casa e nei giorni seguenti non avevo voglia di vedere nessuno. Iniziai a prepararmi psicologicamente, ma mi era difficile rendermi conto appieno di ciò che mi stava accadendo. Pensai a tutto ciò che avrei dovuto affrontare e come avrei dovuto dirlo alle mie amiche, alle persone che conoscevo. Il 26 settembre iniziai il primo ciclo di chemio, a cui seguirono altri tre che, fortunatamente, non mi diedero grossi problemi. Fisicamente mi sentivo bene, ma non riuscivo ancora ad accettare la situazione. Pensavo ai ragazzi della mia età che probabilmente fuori di lì si stavano divertendo e ciò mi demoralizzava. Continuavo a domandarmi "Perché a me? Cosa ho fatto di male?". Desideravo scappare, non volevo assolutamente stare in ospedale, ma poi ho capito che se mi trovavo lì, era per aiutare me stessa, per guarire e per permettermi di tornare alla vita di prima più presto possibile. Mi resi conto che in quel momento non avrei dovuto dare troppa importanza ai capelli o ad altre superficialità, ma che la priorità era un'altra: guarire.

Dopo questa prima tappa, feci di nuovo tutti i controlli e la massa risultò diminuita di parecchi centimetri. Il 13 dicembre mi sottoposi all'intervento chirurgico, che durò cinque ore, e appena uscii dalla sala operatoria mi sentii sollevata dal fatto che il male nella mia gamba non ci fosse più, iniziavo a sentirmi guarita. Dall'esame istologico il tumore risultò annientato! Finalmente ricevemmo una buona notizia, anzi ottima direi! I medici dissero che la chemio aveva funzionato, che l'intervento era andato benissimo e tutto stava proseguendo nel verso giusto. Ero felicissima e continuai ad affrontare il tutto con maggiore sicurezza. Dopo l'intervento feci altri nove cicli di chemio. Finii l'ultimo il 29 luglio 2013. Fu un anno molto difficile per me. In quel periodo non frequentai la scuola, ma riuscii a recuperare studiando a casa e facendomi aiutare dalle amiche.

A causa dell'intervento che avevo subìto, dovetti lasciare anche la scuola di danza. Purtroppo, avendo una protesi che sostituiva una parte del femore, sarebbe stato meglio non correre e saltare, altrimenti mi avrebbe causato problemi. Una delle cose che mi ha spiazzata di più è stato proprio passare dall'essere attiva tutti i giorni, a dover stare la maggior parte del tempo sul divano o a letto sentendomi "limitata". Negli ultimi anni mi ero appassionata alla danza moderna e così, con le mie amiche, avevo cominciato a frequentare lezioni che, dopo tanto impegno, ci portarono a vincere i campionati italiani a Rimini.

Nonostante la danza mi piacesse così tanto, ho accettato di doverla abbandonare. Credo che mi abbia aiutato il fatto che le mie compagne di danza fossero le stesse amiche che vedevo tutti i giorni e con le quali avrei sicuramente trovato un altro modo per divertirmi! Grazie alla mia famiglia e ai miei amici, che mi sono sempre stati accanto, ho affrontando questa sfida e ne sono uscita vincente. Adesso sto continuando la riabilitazione per recuperare la flessione del ginocchio. Con tanta pazienza e forza di volontà si può tutto.

Da questa esperienza credo di aver imparato molto, sono maturata, sono diventata più coraggiosa e ho capito che non bisogna mai arrendersi, perché la vita ci presenta sfide continue e sta a noi imporci di vincerle. Credo che la malattia lascerà sempre la sua firma. Io, ad esempio, ci ho rimediato una cicatrice lunga 50 centimetri, ma questo non mi affligge, perché se adesso sono qui a raccontarlo significa che io ho vinto e lui ha perso! Il tumore mi ha tolto la possibilità di correre o di danzare, ma mi piace pensare che al mondo ci sono milioni di altre cose che posso fare. Ad esempio urlare! Posso urlare di essere guarita e di aver vinto contro di lui! Spero che la mia storia possa essere di aiuto a coloro che stanno affrontando una situazione simile e ricordate: volere è potere!

 

Chiara